05 novembre 2005

lettera a ciampi

non è uno scherzo di pierina, ma una lettera che oggi chiara ha mandato al presidente della repubblica, e che personalmente trovo bellissima; anzi, più la leggo e più mi piace. speriamo che la legga anche ciampi.
Caro Presidente,
sono un’artista del coro del Teatro Regio di Torino e le scrivo perché sono indignata. Da ormai cinque anni i finanziamenti di cui beneficia la cultura e in particolar modo il settore dello spettacolo anziché aumentare diminuiscono con inesorabile costanza. I tagli subiti con l’ultima finanziaria hanno messo in ginocchio le fondazioni lirico-sinfoniche italiane. Con la finanziaria attualmente in discussione alle Camere si vuol dar loro il colpo di grazia. L’impareggiabile patrimonio artistico del nostro Paese, invece di essere valorizzato viene lasciato andare in rovina.
Quando ero bambina mio padre mi portava al Ponchielli, il teatro della mia città natale. Ogni volta che entravo in quel teatro stupendo mi sembrava di entrare in un tempio. Quasi trattenevo il fiato perché sentivo di respirare un’aria speciale, densa di storia, di arte, di cultura, un’aria da respirare piano perché attraverso i polmoni arrivava direttamente allo spirito. Quell’aria mi ha contagiata. Ha fatto nascere in me l’amore per la musica, per l’arte. Mi ha fatto crescere. Oggi quando incrocio le scolaresche in visita al teatro mi intristisco, perché penso al loro futuro e alla mia nipotina che ama la danza. Una volta l’ho portata in teatro, a vedere uno spettacolo dietro le quinte e ho visto la passione sgorgare dai suoi occhi, l’ho vista assorbire ogni attimo, ogni emozione. Guardava estasiata i ballerini prepararsi prima di entrare in scena e sognava. Mi sono spaventata e mi sono sentita in dovere di scoraggiarla. Per lei, per quanto dotata, domani sarà impossibile vivere della sua passione. L’Italia, la culla dell’arte, non può permettersi di crescere degli artisti.
La cultura è la ricchezza di un Paese civile, ed è anche un diritto. I teatri sono un’espressione della cultura e i finanziamenti statali, indispensabili alla loro sopravvivenza, permettono di offrire al pubblico, ai cittadini, spettacoli di alto livello artistico. Se i finanziamenti fossero adeguati, potrebbero anche permettere una riduzione dei costi dei biglietti, attualmente proibitivi per le persone meno abbienti e per i giovani. Invece il nostro Stato non fa nulla per avvicinare i suoi cittadini al teatro, anzi, vuole asfissiare anche quelle poche sacche di resistenza rimaste che invece di inebetirsi di fronte alla TV preferiscono ancora passare una serata in una sala da concerto, o in un teatro a godere del talento di artisti professionisti. Il teatro lirico ci dà prestigio in tutto il mondo, perché farlo scomparire? A noi questa regia non piace, ma non ci è dato di protestare il regista.
L’Italia sta attraversando un momento di crisi profonda: è in crisi la scuola, è in crisi la sanità, è in crisi la giustizia e ora è in crisi anche la cultura. I nostri ricercatori sono costretti a emigrare e presto lo saremo anche noi artisti. Che cosa rimarrà del nostro Paese?
Sono 200.000 le persone che lavorano nel mondo dello spettacolo, 200.000 lavoratori altamente specializzati che hanno consacrato la loro vita all’arte, 200.000 panda che, se il fondo Unico per lo Spettacolo verrà tagliato anche quest’anno, perderanno il loro posto di lavoro e con esso la fiducia nel futuro. Il 17 ottobre Claudio Fantoni, un collega del Maggio Musicale fiorentino, ha iniziato uno sciopero della fame per protesta e la sua iniziativa si sta estendendo a molti teatri italiani. Ci sono digiunanti a Torino, Milano, Roma, Bologna, Napoli, Catania. Noi “operai dell’arte” siamo abituati ai sacrifici, è la nostra stessa professione a chiedercene tanti e non ci spaventano, ma se oggi possiamo decidere di digiunare per protesta domani saremo costretti a farlo per l’impossibilità di lavorare. Sta già succedendo. A Torino era stata programmata “La Tempesta” di Purcell/Galante, una prima esecuzione assoluta. Purtroppo per mancanza di fondi non potrà essere rappresentata in forma scenica ma solo in forma di concerto. Gli “aggiunti”, ovvero gli artisti presi a contratto per coprire l’organico si sono visti decurtare il periodo di lavoro perché naturalmente il numero di prove richiesto è inferiore a quello necessario per la messinscena.
Vorrei invitarla, caro Presidente, a venire nel nostro teatro, a vedere la passione con cui lavoriamo, a seguire una prova prima di vedere lo spettacolo. La musica, lei lo sa, può insegnare tanto a un popolo, può insegnare il rispetto reciproco, la tolleranza, lo spirito di collaborazione, la democrazia. In questi giorni stiamo studiando lo Stabat Mater di Scarlatti a dieci voci. E’ un brano di musica bellissimo in cui dieci voci a volte si inseguono, altre si intrecciano, ma devono sempre lasciare spazio l’una alle altre, in quel magnifico gioco democratico che è la polifonia, altrimenti il meccanismo non funziona, s’inceppa, ci si perde e si manda tutto all’aria.
In teatro possiamo provare, finché non si trova il giusto equilibrio. Nella vita provare non è concesso. Se il Fondo Unico per lo Spettacolo non riprenderà ad aumentare ogni anno o se non si troverà una forma alternativa di finanziamento statale i teatri italiani non potranno più programmare della stagioni liriche degne del nostro Paese, noi saremo costretti al dilettantismo e i nostri concittadini saranno tutti un po’ più poveri.
La prego, non lo permetta.

1 Comments:

At 7/11/05 12:11, Anonymous Anonimo said...

Brava Chiara!
Mi hai commossa nel profondo perchè hai detto il Vero e lo hai fatto con la sicurezza pacata ma fiera e grave di chi sa di dire il Vero.
C'è da sperare che queste tue parole così toccanti giungano presto a Ciampi. Lui è un uomo per bene. Se la lettera gli sarà recapitata non potrà non rimanerne colpito. Sicuramente cercherà di far pressione su chi di dovere affinchè questa situazione possa sbloccarsi in qualche modo. Un abbraccio forte a Te e ad Adriana.
Sono con voi!!!!
Mimma

 

Posta un commento

<< Home


free website statistics