da "Il Giornale della Musica" online
Votiamo, contro la disfatta
di Marco Beghelli
A Roma, in passato, tremavano cantanti e suonatori ad ogni nuova elezione papale, e con essi i tanti cardinali melomani della corte pontificia: bastava che sul soglio di Pietro salisse un porporato insensibile alla fascinazione di Euterpe, e a Roma c’era il rischio di vedere i teatri – luoghi lascivi per definizione – rimanere chiusi per anni, con ovvie conseguenze sull’occupazione di tanti artisti. Mai, come in prossimità di queste elezioni italiane, teatri e orchestre, esecutori e pubblico hanno fatto sentire per tempo le loro voci, in un grido di dolore che non inneggia a nessuna corrente politica, ma che chiede soltanto il riconoscimento della musica come uno dei più preziosi beni culturali del nostro Paese, da sostenere e alimentare al pari di musei e pinacoteche.
Come nella Roma pontificia, il timore è allora che su quegli scranni vadano a sedersi persone per le quali i valori della cultura non abbiano il giusto peso sulla bilancia dell’economia statale, o peggio ancora per i quali la cultura non rappresenti affatto un valore, da salvaguardare. Sarebbe la disfatta definitiva, e per la musica in particolare. Sì, perché se – complice la scuola in cui quei signori si sono formati – un Dante o un Leopardi continuerebbero a mantenere comunque una certa aura di sacralità da tutelare pubblicamente con un francobollo celebrativo o un convegno del centenario, la musica – colpevole la medesima scuola che ha totalmente fallito in questo campo il suo compito educativo – verrebbe relegata in via definitiva nell’ambito delle attività ludiche e d’intrattenimento (un ambito che pur le compete, in parte), negandole lo status di prodotto culturale, di creazione artistica da promuovere e custodire. Certo, di fronte ai tanti e seri problemi di cui soffre al momento il Paese, quella della musica sembra davvero una questione elitaria, se non fosse che dietro al piacere del pubblico ci sta – come nella Roma del Settecento – anche il problema occupazionale di tanti professionisti, per tacere dei giovani usciti senza speranza dai nostri conservatori.
Che si ricordino dunque, i nuovi eletti, anche della musica. Dal canto suo la musica si è occupata almeno una volta delle vecchie e care elezioni, in quella canzone del sempre arguto Giorgio Gaber in cui si descriveva l’approccio all’urna come una sorta d’esame immerso in una sensazione d’irreale cordialità diffusa: «Una domenica di sole, | un’aria già primaverile; | anche la strada è più pulita, | sembrano tutti un po’ più buoni; | chissà perché non piove mai | quando ci sono le elezioni…».
[il grassetto è mio]
A Roma, in passato, tremavano cantanti e suonatori ad ogni nuova elezione papale, e con essi i tanti cardinali melomani della corte pontificia: bastava che sul soglio di Pietro salisse un porporato insensibile alla fascinazione di Euterpe, e a Roma c’era il rischio di vedere i teatri – luoghi lascivi per definizione – rimanere chiusi per anni, con ovvie conseguenze sull’occupazione di tanti artisti. Mai, come in prossimità di queste elezioni italiane, teatri e orchestre, esecutori e pubblico hanno fatto sentire per tempo le loro voci, in un grido di dolore che non inneggia a nessuna corrente politica, ma che chiede soltanto il riconoscimento della musica come uno dei più preziosi beni culturali del nostro Paese, da sostenere e alimentare al pari di musei e pinacoteche.
Come nella Roma pontificia, il timore è allora che su quegli scranni vadano a sedersi persone per le quali i valori della cultura non abbiano il giusto peso sulla bilancia dell’economia statale, o peggio ancora per i quali la cultura non rappresenti affatto un valore, da salvaguardare. Sarebbe la disfatta definitiva, e per la musica in particolare. Sì, perché se – complice la scuola in cui quei signori si sono formati – un Dante o un Leopardi continuerebbero a mantenere comunque una certa aura di sacralità da tutelare pubblicamente con un francobollo celebrativo o un convegno del centenario, la musica – colpevole la medesima scuola che ha totalmente fallito in questo campo il suo compito educativo – verrebbe relegata in via definitiva nell’ambito delle attività ludiche e d’intrattenimento (un ambito che pur le compete, in parte), negandole lo status di prodotto culturale, di creazione artistica da promuovere e custodire. Certo, di fronte ai tanti e seri problemi di cui soffre al momento il Paese, quella della musica sembra davvero una questione elitaria, se non fosse che dietro al piacere del pubblico ci sta – come nella Roma del Settecento – anche il problema occupazionale di tanti professionisti, per tacere dei giovani usciti senza speranza dai nostri conservatori.
Che si ricordino dunque, i nuovi eletti, anche della musica. Dal canto suo la musica si è occupata almeno una volta delle vecchie e care elezioni, in quella canzone del sempre arguto Giorgio Gaber in cui si descriveva l’approccio all’urna come una sorta d’esame immerso in una sensazione d’irreale cordialità diffusa: «Una domenica di sole, | un’aria già primaverile; | anche la strada è più pulita, | sembrano tutti un po’ più buoni; | chissà perché non piove mai | quando ci sono le elezioni…».
[il grassetto è mio]
2 Comments:
Dove sarebbe la lotta alla precarietà senza questo appuntamento che i precari d'Europa si danno da anni ?
L'aver portato alla luce una realtà che coinvolge milioni di persone, l'aver costretto la politica a guardare al risultato della propria azione è un primo risultato.
... oui, continuons le combat!
- continuità di reddito
- maternità...malattia
- diritto alla pensione
- diritti sindacali
Senza tregua incalzeremo i governi che verranno fino alla liberazione dalla schiavitù del terzo millennio.
Grazie ai cugini d'oltralpe che in questi mesi ci hanno ricordato che
...sous le pavé il ya la plage
lunedì 1 maggio ore 15 may day parade Porta Ticinese con il carro dei lavoratori dello spettacolo
MAY DAY- MAY DAY
lo spettacolo della vita continua
striscioni, canzoni.....venite?
1° MAGGIO: NON IN CORTEO CON LA MINISTRA MORATTI!!!!
Alla notizia dell’invito da parte delle confederazioni milanesi al corteo del 1° Maggio indirizzato alla ministra Moratti ,
sollecitati da tanti lavoratori , esprimiamo la nostra contrarietà.
Visto l’opera di smantellamento della scuola pubblica di cui lei è stata grande artefice.
RSA cgil
TEATRO ALLA SCALA
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