07 ottobre 2008

quello che il ministro non sa

Il ministro Bondi dice che i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche godono di privilegi ingiustificati senza garantire un'adeguata produttività.
Io lo sapevo già di essere una lavoratrice privilegiata, non ci voleva mica il ministro Bondi per dirmelo. Sono privilegiata perchè amo il mio lavoro, perchè faccio un lavoro che mi diverte, che mi dà gioia, perché lavorare mi rende felice, perché ciò che produco è arte e ne sono fiera. Sono privilegiata perché col mio lavoro do gioia agli altri, al pubblico che viene a vedere gli spettacoli, alle persone che amano la cultura e le cose belle e che pagano il biglietto per poter assistere a un'opera o a un concerto. Pagano il biglietto perché sanno che ciò che vanno a vedere ha un valore.
Intendiamoci, non è che mi sono svegliata una mattina e ho pensato: ma sì, farò la cantante, che tanto che ci vuole, sono capaci tutti,ma questo il ministro non lo sa. Ho iniziato a studiare musica in quinta elementare, eh: mentre le mie compagne giocavano in cortile io stavo lì col violino a cercare di tirar fuori dei suoni decenti. Una libera scelta, per carità. Ho studiato musica da quando ero alle elementari e forse ho acquisito una certa specializzazione (anzi, mi dicono che addirittura mi si sono sviluppate delle aree del cervello che non si sviluppano in non-musicisti, tanto per dire quanto incida su una persona lo studio della musica). E' un privilegio che questa specializzazione venga pagata? Mi pagano per fare il mio lavoro, anche questo è un bel privilegio, in effetti. Su una cosa sono d'accordo: la produttività. Ce ne lamentiamo sempre anche noi: vogliamo fare più concerti, più opere, vogliamo divertirci di più. Purtroppo chi programma le stagioni negli ultimi anni non è stato in grado di farci produrre. Ma questo il ministro pare non saperlo. Lui crede che la colpa sia nostra.
Il ministro Bondi dice che lavoro 16 ore a settimana, che sono sempre a casa in riposo compensativo, che ho un secondo lavoro e che mi pagano fino a 17 mensilità. Queste cose sono io che non le sapevo. Ora vado subito dal capo del personale a chiedere dove sono finite le mensilità in più che non ho mai percepito, perchè si vede che qualcuno se le è intascate a mia insaputa. Quanto alle ore di lavoro, che non sono 16, il ministro non sa che chi sceglie di fare questa professione deve costantemente esercitarsi per mantenere e migliorare sempre il propio livello artistico, e che un cantante non mette mai via lo strumento, come ha detto qualcuno. Un musicista non "fa" il musicista: "è" un musicista.
Bondi dice anche che le fondazioni lirico sinfoniche spendono il 70% del loro budget in stipendi. Ora basta andare a vedere il bilancio del Teatro Regio di Torino per vedere che il costo della produzione ammonta a 49.258.658€ e il costo degli stipendi e dei salari a 16.087587€ e quindi capire che forse una delle cose che il ministo non sa fare sono i conti.
Il giornalista che lo intervista gli chiede se non pensa che 14 fondazioni lirico-sinfoniche siano troppe e lui risponde che la Scala e il Santa Cecilia hanno un ruolo e una visibilità particolari. O il giornalista ha tagliato metà della risposta o il ministro ha dei problemi a capire le domande che gli vengono poste. E sì che è un ministro e chissà quanto lo pagano! Comunque viene da pensare che la risposta fosse: sì, sono troppe, solo la Scala e il Santa Cecilia meritano di essere salvate, o qualcosa del genere. Allora vorrei chiedere al ministro: come mai i teatri sono sempre esauriti e molti spettatori si lamentano del fatto che trovare un biglietto sia un'impresa impossibile, se le fondazioni sono troppe rispetto alla richiesta di cultura che c'è in Italia? E se 14 fondazioni lirico-sinfoniche sono troppe, vogliamo parlare del numero dei ministeri che ci sono? Ma dico, è davvero necessario un ministro per la gioventù (Meloni)? E quello per la semplificazione normativa (Calderoli)? E un ministro apposta che si occupa dei rapporti col parlamento (Vito)? Ce n'è uno persino preposto all'attuazione del programma di governo (Rotondi)! Ma a questo punto il ministro mi potrebbe dire: che c'entrano i ministeri inutili con le fondazioni lirico-sinfoniche e io dovrei convenire con lui che, in effetti, non c'entrano niente, ma si parlava di sprechi e mi è venuto in mente. Allora per essere pertinente direi al ministro che lui forse non lo sa che l'opera è nata in Italia nel 1500, e che 14 fondazioni lirico-sinfoniche in Italia forse son persin poche.
Una cosa che il ministro evidentemente non sa è che le fondazioni lirico-sinfoniche sono una risorsa, una ricchezza. Sarebbe come chiedere a qualcuno che ha 14 Ferrari nel garage se non crede che siano troppe e se non sarebbe il caso di farne rottamare una decina. Mica in cambio di qualcosa, eh, solo così, per risparmiare spazio. Certo che se uno ha delle Ferrari e poi le usa come se fossero 500 ha anche ragione di lamentarsi che gli costano troppo. Solo che la colpa non è delle macchine, ma di chi non le sa pilotare.
C'è una cosa che invece il ministro sa bene ed è che se fai delle dichiarazioni ai giornali anche se sono false le pubblicano, e anche se sono false la gente ci crede e così chissenefrega di quei quattro sfigati di musicisti che andranno ad infoltire le fila dei disoccupati.
Per poter pensare alla cultura bisogna prima aver soddisfatto i bisogni primari, la musica mica si mangia. Ma per passare alla soddisfazione dei bisogni secondari bisognerebbe essere in un paese civile. E il ministro lo sa, che siamo in Italia.

floriatosca

10 Comments:

At 9/10/08 13:20, Blogger mozart2006 said...

Carissima,tutta la mia comprensione per voi musicisti che lavorate in Italia.Qui in Germania lo Stato considera la musica un bene di estrema importanza,e per esempio una cittá come Berlino,grande come Milano,di teatri lirici ne ha tre e due anni fa,quando qualcuno aveva ventilato l´ipotesi di chiuderne uno,si é subito scatenata una massiccia protesta di stampa e pubblico.
Saluti da Stoccarda

 
At 9/10/08 15:14, Blogger daland said...

Ciao floria (o sei manon?) arrivo qui passando da blogregular...

Premetto che trovo il tuo sfogo del tutto comprensibile e ti assicuro che nessuno più di me vorrebbe che le istituzioni musicali italiane potessero non solo sopravvivere, ma anche prosperare.

Mi permetto però di fare qualche amichevole considerazione a fronte delle tue argomentazioni.

Il merito e il privilegio: la tua rivendicazione degli sforzi e della fatica che da sempre hai profuso e profondi per mantenerti all’altezza, e quindi meritare i cosiddetti privilegi, è sacrosanta, ma purtroppo sa anche di complesso di superiorità. Molte persone che ti leggono, pur svolgendo attività molto diverse dalla tua, potrebbero farti osservare che anche loro hanno sempre studiato per specializzarsi e che dedicano ore al di fuori dall’orario di lavoro canonico per mantenersi aggiornati e migliorare il proprio bagaglio professionale. Insomma, la tua rivendicazione di specificità rischia di provocare reazioni infastidite.

Le affermazioni di Bondi: lui - stando al resoconto di Cappelletto - dice che “si pagano da 14 a 17 mensilità, a seconda delle fondazioni”. Tu scrivi che non ti risulta che ti paghino fino a 17 mensilità... ammetterai che è un (certamente inconscio) travisamento delle parole del ministro.

Quanto alle ore di lavoro, tu stessa ammetti che vorresti fare più concerti e opere. Bondi critica i “contratti” delle fondazioni, che permettono a qualcuno anche di fare il doppio lavoro (vedo che tu stessa non contesti questa affermazione del ministro): è chiaro comunque che dei contenuti dei contratti sono corresponsabili le due controparti, quindi anche i dirigenti delle fondazioni.

Sul peso dei costi del personale sul bilancio delle fondazioni (il ministro afferma che arriva “fino al 70%”, mentre i dati che tu porti lo collocherebbero al 33%). Purtroppo i bilanci (anche quelli delle grandi aziende) sono sempre piuttosto criptici e difficili da interpretare, però la cifra che tu riporti dal bilancio 2006 del Regio non è propriamente corretta. Come minimo vanno aggiunte le voci relative agli oneri sociali e al trattamento di fine rapporto (sono 4,7 milioni). Col che il peso salirebbe al 43%, comunque sempre molto più basso del valore massimo fornito dal ministro. Ma soprattutto c’è un grosso “buco nero”, dove si possono nascondere costi che potrebbero portare la percentuale molto più in alto. Ed è la voce “servizi”, più di 20 milioni! Certamente lì ci sono i compensi degli artisti “liberi professionisti”, ma siamo sicuri che fra quei servizi non ci sia anche del personale quasi-stabile, che intrattiene contratti di collaborazione con la fondazione, invece di essere dipendente a tutti gli effetti? Come vedi, se si ragiona a mente fredda, forse le “sparate” di Bondi sono meno sesquipedali di quanto non appaia.

Il ministro propone di abbassare - sembra clamoroso, coi tempi che corrono! - l’età pensionabile: da 52-47 di oggi a 42 anni: questa non ti sembra una cosa interessante?

Sulla questione delle 14 fondazioni (sono troppe?) evidentemente la risposta non è stata riportata completamente (colpa del ministro?) Sta di fatto che poco prima, Bondi aveva chiaramente affermato che le fondazioni enti lirici rimarranno al loro posto.

Quindi, sostenere che le affermazioni del ministro sono “false” mi pare oggettivamente eccessivo e - lo dico nel tuo interesse - rischia di farti passare, da quella della ragione, alla parte del torto.

Con simpatia.

 
At 10/10/08 15:51, Blogger fabio m said...

Io non so se i teatri lirici spendano il 70% dei bilanci in stipendi ... ma, anche se fosse cosa ci sarebbe di strano? L'opera e uno spettacolo fatto con la collaborazione di centinaia di persone che ovviamente vengono pagate. Mi stupisco invece che addirittura il 30% per cento serva a pagare un direttore, pochi solisti e le scene. Non sono queste ultime cose a costare troppo? Esagero? Fabio M

 
At 10/10/08 17:50, Anonymous Anonimo said...

Caro daland sono d’accordo con te sul fatto che ci siano molte professioni che esigono un continuo studio e aggiornamento (quella degli insegnanti per esempio) e che probabilmente molte di queste non sono retribuite come dovrebbero (sempre gli insegnanti, per esempio). Quello che volevo far notare è che non si può dire “lavorano 16 ore alla settimana” per farci diventare le bestie nere prima di tutto perché le ore settimanali non sono 16, ma anche se lo fossero le ore di esercizio e dedizione sono ben di più, ed è giusto che vengano considerate, come dovrebbero esserlo quelle ore che gli insegnanti, per esempio, eh, dedicano allo studio. L’intento del ministro mi pareva di più quello di farci passare per lavativi. Il complesso di superiorità non so cosa sia, so dare il giusto valore a tutti i lavori, credimi, perché mentre facevo il conservatorio ho sempre lavorato per mantenermi e ho fatto dall’insegnante alla bidella, dalla postina all’impiegata passando dalla donna delle pulizie all’inserviente negli asili. Erano lavori molto duri e faticosi, ma una volta finite le 6 o 8 ore a seconda del posto io mi occupavo d’altro (tranne quando facevo l’insegnante, ma gli insegnanti si dice che lavorino poco…).

Quanto al travisare le parole del ministro, forse è lui che gioca un po’ sporco, generalizzando sapendo di generalizzare. Se uno dice “quelli guadagnano da 14 a 17 mensilità” sai meglio di me che chi legge l’articolo non pensa: in alcuni teatri (e vorrei sapere poi quali e quanti, anche, così, per curiosità) c’è una piccola parte di dipendenti che guadagnano 17 mensilità (forse parlava dei sovrintendenti?), ma pensa che quasi tutti le guadagnino. A me non risulta di nessun teatro in cui si guadagnino 17 mensilità, e di contatti con gli altri teatri ne ho. Allora se il ministro dichiara che il teatro tale e tal altro paga ai dipendenti assunti con contratto di professore d’orchestra o di corista o di impiegato 17 mensilità io posso anche scandalizzarmi, ma se mette tutto in un calderone invece mi arrabbio, perché mi è capitato di parlare con persone che hanno letto l’articolo e che mi hanno detto che certo noi musicisti facciamo la bella vita. Allora sono io che ho travisato, o il discorso fatto dal ministro è stato fatto apposta per essere travisato?

Non ho contestato il discorso del doppio lavoro perché se no il post veniva troppo lungo, ma se vuoi saperlo io non so come potrei fare un doppio lavoro visto gli orari così variabili che abbiamo: un giorno lavoro alla mattina e poi ho la recita la sera, oppure lavoro al pomeriggio e ho la recita la sera, oppure lavoro alla mattina e al pomeriggio, insomma non posso neanche iscrivermi a un corso in palestra perché lì hanno degli orari fissi e io almeno due settimane su quattro perderei il corso, dove lo trovo un secondo lavoro che mi permetterebbe di fare degli orari come mi pare a me.

Sul peso dei salari sul bilancio anche il 43% mi sembra una cifra più che accettabile. La voce servizi non so a cosa si riferisca e mi piacerebbe saperlo. Allora perché non incominciamo a guardare queste cifre, invece di quelle degli stipendi e del numero dei lavoratori? Perché per esempio si commissionano i costumi a delle sartorie esterne e li si fanno fare in stoffe pregiatissime quando si potrebbero usare materiali meno costosi e farli fare alle nostre sarte che sono bravissime? Però non è lì che si vuole andare a tagliare, ma magari proprio sul ridimensionamento del numero delle sarte, per esempio che sono troppe solo perché vengono sotto-utilizzate. La soluzione che propone il ministro è quella di rivedere i contratti, magari precarizzando i musicisti (non so come, ma è questa la sensazione), che sono dei fannulloni super pagati e privilegiati, così la gente sarà tutta più contenta. Sarebbe una soluzione migliore quella di valorizzare le risorse umane dei teatri e migliorare la produzione con un adeguata programmazione.

L’età pensionabile menzionata dal ministro è quella dei ballerini che era stata innalzata (mi pare proprio nel 2003 quando alla fine dalla scorsa legislatura di centro destra si stava già cercando di fare quello ora si vuol portare a termine, e cioè affossare i teatri) in modo a dir poco ridicolo. Non capisco però che gioco è: prima dicono: che scandalo, i ballerini vanno in pensione a 42 anni! e alzano l’età pensionabile, e poi dicono: ma è assurdo, abbassiamo l’età pensionabile dei ballerini! Mah!

Bondi poi, è vero, dice: le fondazioni rimarranno quelle che sono, solo che lo Stato non darà più loro i soldi. Inizierà a tagliare del 17% e ogni anno ridurrà ulteriormente il contributo. Tu credi che le fondazioni lirico-sinfoniche rimarranno quelle che sono? Allora facciamo finta che il tuo stipendio annuale sia di 30.000 euro (facciamo finta, eh). Dall’anno prossimo te lo riduco del 17% (e guarda che il resto del mondo invece continua a aumentare i prezzi, eh, perciò l’anno prossimo ti aumenta l’affitto, ti aumentano le bollette e tutto). Poi dopo un anno te lo riduco ancora, e poi ancora. Tu mica muori, certo, ma credi di poter mantenere il tuo livello di vita? O dovrai cominciare a trovarti una casa meno cara, cercare le occasioni al supermercato e via dicendo. C’è tanta gente che fa i salti mortali per arrivare alla fine del mese, cosa vuoi che sia, puoi farlo anche tu, eh. C’è anche gente che dorme sotto i ponti, sai, vorrai mica sembrare uno che te la tiri e che ti dai arie di superiorità, che poi mi passi dalla parte del torto.

Con simpatia.

 
At 10/10/08 23:44, Blogger daland said...

floria tosca, prendo atto delle tue puntualizzazioni, e ti credo sulla parola, per quanto riguarda la tua personale situazione. Mi sono solo permesso di criticare la forma, più che la sostanza, del tuo post. Ma anche la forma conta non poco: per questo ti suggerivo di non dare appigli a chi ti legge per screditare le tue tesi.

Nel merito, saprai anche tu che in questi giorni, qui a Milano, i tuoi colleghi del FIALS sono nel mirino dell’opinione pubblica (quella piccola parte che si interessa alla Scala e alla musica, ovviamente) per le loro prese di posizione e i loro scioperi. Per la “vox populi” ormai sono diventati come i piloti Alitalia, gente superpagata, che fa il doppio e triplo lavoro e in più pretende anche trattamenti ultra-speciali. Io sono sicuro che non avranno solo torti, per carità... ma di questi tempi è facile, appunto, passare dalla parte del torto.

Bondi non mi è certo simpatico ma, se mi metto nei suoi panni, non posso non capirlo: lui non ha risorse da spendere, anzi deve tagliare, e quindi cerca di barcamenarsi come può. Un altro al suo posto (Rutelli, ad esempio) potrebbe fare di più e meglio? Chissà... io ho qualche dubbio. D’altra parte oggi tutti i settori di intervento statale sono sotto tiro: la scuola, la sanità, la stessa pubblica sicurezza.

Personalmente sono fra coloro che pensano che le istituzioni pubbliche debbano fare (e dare) il minimo necessario a garantire il livello di sopravvivenza delle istituzioni culturali, ma che poi sia la società in generale a provvedere, oltre alla loro sopravvivenza, anche alla loro prosperità o - se non si dimostrano all’altezza - alla loro decadenza. Guarda che non intendo dire che un Teatro debba sostentarsi come una qualunque azienda, che sta sul mercato solo se è profittevole (non lo dice neanche Bondi, come avrai notato): ritengo però che in Italia siamo ancora molto indietro rispetto ad altri Paesi dove, attraverso sgravi fiscali, incentivi e altri simili strumenti, si ottiene che i privati (aziende e persone) garantiscano stabilità alle istituzioni culturali... che se lo meritano!

Il Regio non è il Met, ma uno sguardo al bilancio di quest’ultimo (visibile sul suo sito web) è istruttivo. Nel 2007 ha incassato dalle sue attività circa 140 milioni di dollari ed ha avuto costi per 240. Quindi 100 milioni di passivo. Bene, sono stati tutti coperti, come?: solo 650.000 da istituzioni pubbliche (Stato Federale, Stato di NY e Comune di NY) cioè solo lo 0,65%. Poi ci sono contributi di fondazioni per 6,7 milioni, ma il grosso è costituito da contributi di privati (persone e organizzazioni diverse): 106 milioni! In tutto 113 milioni, da cui ne vanno dedotti circa 14 di spese di “fundraising” (ricerca di donazioni, appunto). E così si raggiunge l’equilibrio di gestione.

E il motivo principale di questa munificenza di privati e organizzazioni è la leva fiscale: alla fine è sempre lo Stato che finanzia (i quattrini, invece di finire nelle casse del fisco, finiscono in quelle ...del Met) ma è un finanziamento che avviene tramite un “circolo virtuoso” e dietro specifica volontà e responsabilità del sostenitore privato, che premia - poichè questo è il suo interesse - “il merito”. Non come un’elargizione a pioggia, fatta da un governo sulla base di criteri cervellotici, per non dir di peggio.

 
At 11/10/08 10:45, Anonymous Anonimo said...

Caro daland, la forma sai, è un post, mica un articolo di giornale, ed è lo sfogo di una persona che sente minacciato il proprio posto di lavoro.
Non so quali siano le richieste della FIALS, ma ti posso dire che ho sempre trovato ridicole o quasi le richieste della FIALS di Torino, dubito che starei dalla parte della FIALS di Milano. In ogni caso ci sono anche altre sigle sindacali, la Scala non è fatta da soli iscritti FIALS. E gli altri sindacati tacciano la FIALS di irresponsabilità. Quanto agli scioperi io lo so già che i sindacati ci proporranno lo sciopero come forma di protesta contro i tagli, e il solo pensiero mi fa accapponare la pelle. Credo che in questa situazione lo sciopero sia la cosa più stupida oltre che inutile che si possa fare.
Bondi si trova senza risorse perché il governo di centro destra gliele toglie. Il governo di centro sinistra le aveva ripristinate, permettendo la sopravvivenza delle istituzioni musicali e culturali. Certo, tutti i settori statali sono sotto tiro, guarda caso. Sarà mica il governo che li vuole distruggere? E chi ci guadagna? Il cittadino?
Certo che siamo indietro, rispetto ad altri Paesi. Purtroppo il discorso del ministro non è: guardate cari sovrintendenti, voi avete a disposizione delle risorse umane per produrre tot, invece la produzione è nettamente inferiore, come mai? Come mai a Torino durante le olimpiadi c’è stato un solo concerto del Teatro Regio (no, dico, UNO SOLO!!!!)? E tutte quelle voci di bilancio tipo “servizi” vogliamo vedere un po’ cosa sono? E quelle scenografie di Burri che sono state lasciate marcire e poi buttate via? E come mai fate fare dei costumi che costano 3.000 euro l’uno da delle sartorie esterne quando avete fior di sarte da mettere sotto a cucire? Il ministro non dice: cari sovrintendenti datevi da fare perché state gestendo una risorsa che è di tutti in modo inadeguato. Il ministro dice: cari sovrintendenti, è uno scandalo che paghiate così tanti dipendenti fannulloni che non sanno fare niente, invece di tenerli stabili assumeteli solo all’occasione, tanto siete bravissimi a programmare stagioni misere in cui non serve tutta quella gente. Continuate a usare le sartorie esterne che vi fanno strapagare i costumi, però licenziate un po’ di sarte. Anzi, magari non servono neanche delle vere sarte, che costano di più, basta qualcuno che sappia tener su un vestito con le spille da balia. Il pubblico non si accorge di niente e voi risparmiate un sacco di soldi sul personale, che poi se è precario voglio vedere se alza tanto la cresta. Non mi pare che il discorso del ministro sia molto illuminato. A te sì?

 
At 11/10/08 11:24, Blogger floria tosca said...

secondo il modello americano, le istituzioni culturali sono perlopiù privatizzate, ma lo sono anche - orrore e raccapriccio - l'istruzione e la sanità, con il risultato di una tremenda sperequazione sociale. personalmente non ritengo che quel modello sia da portare ad esempio in nessun caso. trovo molto più sostenibile, anche nel campo culturale, una socialdemocrazia di stampo nordeuropeo.

 
At 11/10/08 23:28, Blogger daland said...

@floria
Non intendevo fare di ogni erba un fascio... il riferimento al FIALS serviva a chiarire che rivendicazioni corporative finiscono per mettere in cattiva luce chi le fa. Se al Regio c’è più unità a livello sindacale, tanto meglio! In tema di gestione, paradossalmente i tagli dovrebbero proprio costringere gli amministratori a limitare eventuali sprechi, come quelli che tu segnali. E ad organizzare il lavoro in modo da farvi “rendere” di più, come voi stessi auspicate.

@manon
I mio riferimento al modello yankee era, appunto, un riferimento, di cui prendere in considerazione i lati positivi, uno dei quali è la spinta competitiva, che innalza il livello qualitativo delle produzioni.. Poi, non metterei sullo stesso piano l’assetto dei teatri con quello della sanità o dell’istruzione universitaria USA: il costo del biglietto del Met è più o meno quello di tutti i teatri del mondo, abbordabile anche per gente non affluente. Sul modello nordeuropeo sono in generale daccordo, ma andrebbe copiato in tutti i suoi aspetti, compreso quello dell’uso efficiente delle risorse e dell’eliminazione degli sprechi: non si può volerne solo i benefici, senza accettarne anche i costi. Sono l’efficienza e la produttività (di tutti, ovviamente, a cominciare dai manager) che consentono di avere risorse sufficienti da spendere per premiare chi lavora bene.

Ciao!

 
At 12/10/08 11:26, Blogger manon lescaut said...

non mi risulta che il livello qualitativo delle produzioni USA, perlomeno riguardo al teatro d'opera, sia così pazzesco, ed inoltre personalmente aborro i sistemi basati sulla competizione selvaggia. per il resto sono totalmente d'accordo con te, è ovvio (sempre per me personalmente, ma sono io qui che scrivo!) che il modello nordeuropeo andrebbe copiato in toto, è più che ovvio che si debbano accettare ed addirittura auspicare, in qualsiasi campo, i costi e i sacrifici che accompagnano i benefici.

 
At 13/10/08 11:36, Blogger daland said...

Copio qui di seguito un articolo apparso ieri sul Manifesto a firma Arrigo Quattrocchi. Mi pare un esempio di analisi equilibrata, pur nella critica di fondo alla politica di Bondi&C.

LA SCURE SUL FUS - Fondazioni liriche, tutti quei tagli che non bilanciano.

Le cronache riportano le turbolenze che attraversano con regolarità la vita delle fondazioni liriche; sembrano fatti scollegati fra loro,ma sono in realtà sottilmente connessi, sullo sfondo di un panorama foschissimo: il taglio al Fondo unico per lo spettacolo dai 480 milioni di euro del 2008 ai 380 del 2009, imposto dalla prossima legge finanziaria. In evidenza ci sono sempre le sorti della Scala, dove il sindacato autonomo Fials, al quale aderiscono quasi la metà degli orchestrali, non ha firmato il contratto integrativo già approvato dai confederali, e ha fatto saltare le prime tre recite del balletto La dame aux camélias, minacciando lo sciopero su tutte le prime della stagione, inclusa la sacra data inaugurale del 7 dicembre. Si aprono però spiragli di trattativa con il sovrintendente Lissner. Minore visibilità della Scala hanno le altre fondazioni, ben tre delle quali sono al momento commissariate. Al Carlo Felice di Genova il commissario, nella persona di Giuseppe Ferrazza, presidente dell’Eti, è arrivato il 31 luglio, per la situazione di ingovernabilità del teatro, lacerato da conflitti interni. All’origine del commissariamento degli altri due teatri c’è invece un forte deficit; sia al San Carlo di Napoli (3 agosto 2007) che all’Arena di Verona (16 settembre 2008) è arrivato il medesimo commissario, ovvero Salvatore Nastasi, giovane funzionario ministeriale che ha goduto e gode di fiducia bipartisan. Come capo di gabinetto del ministro Bondi è ora la figura chiave di questa stagione della musica italiana, e seguirà da vicino i tagli della finanziaria al settore dello spettacolo, che comporteranno la verosimile chiusura di molte realtà minori e faranno stringere la cinghia anche alle grandi fondazioni. Per intuire cosa potrebbe succedere, sul piano artistico, si può guardare ai propositi di «rilancio» dell’Arena di Verona, che dopo una stagione che ha ripescato vecchi allestimenti preannuncia solo titoli del grandissimo repertorio, e la presenza di un personaggio-immagine assai logorato come Placido Domingo. Dunque attenzione massima alla cassetta, glamour mediatico, e addio a novità e sperimentazione. Ma è difficile che questo sia sufficiente a rimettere o a tenere in pareggio i bilanci dei teatri. Nelle fondazioni liriche, infatti, circa il 70 per cento delle spese sono assorbite dal pagamento degli stipendi: spese fisse. E ogni taglio incide quindi unicamente su produttività e qualità. Di qui l’affondo del ministro Bondi, sulla Stampa di domenica scorsa: l’obiettivo è quello di riformare i contratti di lavoro, limitando i «privilegi non giustificati» dei contratti integrativi firmati dai singoli teatri con le maestranze, come i riposi che «di fatto, permettono di avere un secondo lavoro, che talvolta diventa quello principale dei professori di orchestra ». Una riforma che sembra però poco attenta sia alla gestione delle risorse umane sia alla specificità delle professioni musicali, per le quali suonare fuori dall’orchestra non è un assenteismo da «fannulloni», ma un elemento di arricchimento professionale praticato ovunque nel mondo. Preoccupa soprattutto l’idea che il ministro possa pensare di rendere virtuose e produttive le fondazioni liriche a partire da una riforma contrattuale. È la politica dei pannicelli caldi già praticata nella precedente esperienza di governo del centro-destra, sulla base di un sostanziale disinteresse su motivi e obiettivi del sostegno statale all’attività di teatro musicale.

 

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