25 gennaio 2006

i milionari non dormono (i cachi invece sì)

copio dal blog dei colleghi di napoli il comunicato riguardante le iniziative decise a roma due lunedì fa:
COMUNICATO DELLE SEGRETERIE NAZIONALI, 23 GENNAIO 2006

Come definito dall’attivo unitario dello spettacolo tenutosi a Roma lo scorso 16 gennaio, vi formuliamo qui di seguito il programma di iniziative che le Federazioni Unitarie, a tutti i livelli, terranno nelle prossime settimane:

A. Audizione gruppi parlamentari del Senato della Repubblica

B. Coordinamento Nazionale dei lavoratori del settore Musica, Lunedì 30 gennaio, ore 13,00 a Firenze presso il Teatro Comunale in Via Solferino, 15 –FI-

C. Coordinamento Nazionale dei lavoratori del settore Teatrale, Giovedì 2 febbraio, ore 11,00 a Roma presso la sala riunioni SAI SLC Via Ofanto n. 18

D. Coordinamento lavoratori del settore cine –audiovisivo,Martedì 14 Febbraio, ore 11,00 a Roma presso la sala riunioni UILCOM Via Belisario n. 7

E. Manifestazione Nazionale dello Spettacolo, 20 febbraio, ore 11,30 – Torino presso il Teatro Regio in Piazza Castello, 215 dalle ore 13,00 alle ore 15.00


SLC CGIL FISTEL CISL UILCOM UIL FIALS CISAL
e vi rimando di là alla lettura del comunicato emesso dalle segreterie provinciali di bologna a seguito degli attacchi a mezzo stampa.

23 gennaio 2006

risponde sandro cappelletto

la risposta inviata dal giornalista Cappelletto al collega di S. Cecilia Roberto Titta si differenzia da quella specie di circolare che hanno ricevuto tutti gli altri (vedi i commenti del Sottoscala), ed è piuttosto significativa. la riportiamo qui. corsivi e neretti sono miei.
Gentile lettore,
la ringrazio della documentata attenzione rivolta al mio articolo.
Le cifre relative al costo medio sono riportate dal saggio Il costo del melodramma, pubblicato da Il Mulino.
La ringrazio comunque delle precisazioni.
Non ho mai sostenuto che vanno ridotti gli stipendi, non troverà, né in questo né in altri miei articoli, un'affermazione simile.
E' piuttosto la rigida normativa contrattuale, fonte di inesauribili interppretazioni controverse, che credo vada rivista; ma farlo implica un senso di responsabilità condivisa che non mi sembra di percepire in questi momenti.
Men che meno sono favorevole ai tagli al FUS, operati con cecità e in modo indiscriminato, senza un qualche progetto di riforma.
Devo confessarle che tra le tante lettere ricevute, le proteste sono venute in manoiera pressoché esclusiva dagli artisti del coro, che ni hanno allegato anche le loro buste paga, in alcuni casi attestate sui 1600 euro mensili per 14 mensilità, che certo non si possono considerare un lauto stipendio.
Rimango a sua disposizione e ancora la ringrazio.
Sandro Cappelletto

19 gennaio 2006

asciugato l'asciutti?

LA COMMISSIONE

Ritirato

Asciutti relatore. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 5.1.

Gli emendamenti 5.2, 5.0.30, 5.0.200 5.0.4, 5.0.5, 5.0.16, 5.0.11, 5.0.103, 5.0.101, 5.0.500, 5.0.120, 5.0.150, 5.0.102, 5.0.130, 5.0.104 e 5.0.105 sono ritirati.


5.0.200

La Commissione
Dopo l’articolo 5, inserire il seguente:
"Art. 5-bis. (Disposizioni in materia di contratti integrativi aziendali delle fondazioni lirico-sinfoniche)
1. All’articolo 3-ter, comma 5, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, il terzo periodo è sostituito dal seguente: "Fino alla stipulazione dei nuovi contratti integrativi aziendali con le modalità di cui al presente comma, a decorrere dal 1º gennaio 2006 possono essere comunque disapplicati le clausole e gli istituti dei contratti integrativi aziendali, nonché dei preaccordi o delle intese anche non formalmente qualificabili come contratti integrativi aziendali, in contrasto con i principi di cui al comma 4 ovvero se ritenuti dalle fondazioni medesime particolarmente onerosi."".

segreti e bugie

facciamo un riassunto della situazione. su "La Stampa" del 17/01 è uscito un articolo a firma Sandro Cappelletto, che è già stato riportato dai blog dei lavoratori di Napoli e della Scala, e che qui ricopio:

LA STAMPA 17/1/2006
Sandro Cappelletto
L'OPERA CORRE VERSO IL BARATRO
SI TAGLIA TUTTO,NON GLI STIPENDI

La Finanziaria ha ridotto i fondi per i teatri ma sprechi e privilegi resistono
Prevedibile e annunciato, ecco concretizzarsi, per i teatri d'opera italiani, l'effetto para
dossale dei tagli della Finanziaria sui fondi destinati allo spettacolo: si produce meno, ma naturalmente si continuano a pagare gli stipendi e così la percentuale delle spese fisse sale a livelli mai raggiunti, sfiorando l'80% dei bilanci.
«Non vogliamo diventare uno stipendificio», dichiarava a La Stampa poche settimane fa Walter Vergnano, responsabile del Teatro Regio di Torino e presidente dell'associazione che raggruppa i sovrintendenti. Eppure: Firenze cancella tre titoli, Venezia due, Bologna decide questa settimana, a Palermo ci pensano i dipendenti, programmando scioperi, a Genova - dichiara il sovrintendente Gennaro di Benedetto - «nonostante il taglio di tutto ciò che è cancellabile, sarà necessario presentare un bilancio passivo di 5 milioni». Sessantadue milioni di finanziamento pubblico in meno in due anni: a questa botta le 13 case dell'opera italiane non sembrano in grado di reagire, a meno di non ripensare radicalmente contratti, normativa, funzionamento.
Elementare legge economica: se le macchine sono ferme, ma il costo del capitale umano corre, il fallimento non è un'ipotesi lontana. «No a ridurre l'attività al minimo, no a ridurre il personale», dice oggi Vergnano, dopo un incontro con il ministro Buttiglione. «No nemmeno a nascondere i passivi con i falsi in bilancio: il governo deve commissariare i teatri». E' accaduto, 20 anni fa, all'Opera a Parigi, poi negli Armi '90 al Covent Ga
rden di Londra: situazioni economiche compromesse hanno portato alla chiusura e alla riapertura su basi contrattuali diverse.
Regole da parastato

«Il ministro ci invita a rivolgerci agli enti locali - incalza Di Benedetto - ma come potranno Comuni e province, con i finanziamenti tagliati, impegnarsi di più proprio con noi?». L'invito a lavorare meno è arrivato, per primo, da fonte autorevole: Salvo Nastasi, direttore generale al ministero dei Beni Culturali e commissario del Maggio Musicale Fiorentino. Ma a quale dei due emisferi del mondo del lavoro - il pubblico o il privato - appartengono i teatri d'opera? I dubbi sono impossibili, sembrerebbe: la condizione giuridica li considera fondazioni di diritto privato. «Però, regole e mentalità sono rimasti quelli del peggiore parastato», riflette il baritono e direttore Claudio Desideri, dopo un'amara esperienza come sovrintendente al Massimo di Palermo. La media di lavoro di un orchestrale è di circa 400 ore all'anno, per un corista l'impegno è ancora minore e, spesso, gli organici sono sovradimensionati. Le mensilità sono quasi ovunque 15, l'impegno lavorativo è di cinque-sei mesi. Gli stipendi di chi lavora nei settori amministrativi, tecnici e dei servizi sono superiori a quelli di chi svolge funzioni analoghe in altre amministrazioni pubbliche. In alcuni casi si giunge al doppio.
La normativa che disciplina le prove musicali, corali e dei corpi di ballo è un labirinto di eccezioni, con frequenti contrattazioni aggiuntive e integrative, alcune singolari, come l'ind
ennità estiva, detta «Caracalla», per i dipendenti dell'Opera di Roma. Il clima non è mai sereno, la frantumazione sindacale - ci sono teatri con sette sigle - provoca continui rinvii, blocchi, tensioni: «Non abbiamo alcun controllo sui nostri iscritti nei teatri», ammise Sergio Cofferati, che ama l'opera, quando era segretario della Cgil. Oggi, Enrico Sciarra, astuto sindacalista autonomo, attivo nella direzione del teatro di Firenze, ammette: «In questi anni abbiamo sempre avuto una controparte debole». I sovrintendenti hanno spesso accettato regole capestro pur di garantire la pace interna, richiesta dai sindaci di città nelle quali i teatri d'opera rappresentano realtà occupazionarie ed elettorali importanti: 800 dipendenti La Scala, 600 Roma.
Molti malumori, a Roma, suscita il contratto di Carla Fracci, direttrice del corpo di ballo, però pagata a parte ogni volta che danza - «e come danza, ormai?», malignano alcuni - e responsabile, assieme a Beppe Menegatti, delle scelte e dei contratti dei danzatori. E perché Firenze - si chiedono i sindacati - tiene a contratto due validissimi responsabili artistici, Gianni Tangucci e Cesare Mazzonis? Non ne basterebbe uno? Perché Parma scrittura per un concerto il direttore Kurt Masur con un cachet superiore ai suoi standard?
Bilanci opachi
Perché al San Carlo di Napoli sono frequenti le costruzioni di scene e costumi affidate non ai laboratori interni, ma ad imprese alle quali non sono estranei, in alcuni casi, i dipen
denti dello stesso teatro? E sono tutti indispensabili i 40 aggiunti al ballo della Scala? E - domanda di fondo - perché queste informazioni devono arrivare anonime, mentre è così difficile consultare i bilanci?
La situazione non è, economicamente, brillante per nessun teatro europeo, ma solo in Italia tagli, privilegi, cecità sindacale e politica hanno portato a questa situazione così incerta. Ecco la questione capitale: quanto siamo disposti a investire per la musica? E quanto si può concedere e quanto invece si deve pretendere?
questo articolo ha suscitato le risposte sdegnate di molti colleghi in varie parti d'italia. riporto qui le risposte che gli hanno inviato tre delle sbrecche, mentre altre (da altri teatri) si trovano nei commenti del Sottoscala:
Egregio Signor Cappelletto,
sono una corista del Teatro Regio di Torino. Lavoro tutti i giorni, tranne il lunedì. Qualche volta ho la domenica libera. Il mio lavoro è un lavoro altamente specializzato e il mio stipendio è di circa 150
0 euro netti al mese. Percepisco la tredicesima e la quattordicesima. Ogni giorno, oltre alle ore di lavoro in teatro, come ogni bravo atleta, devo esercitarmi costantemente per mantenere un livello qualitativo adeguato. Le risparmio la tiritera sui sacrifici fatti per raggiungere il livello professionale che mi ha permesso di fare dell’arte un lavoro retribuito. Le voglio ricordare soltanto che l’impegno giornaliero richiesto dal mio lavoro, e dal lavoro di un professore d’orchestra, è decisamente superiore al numero di ore effettivamente lavorate. Non solo. Anche durante le vacanze mi devo continuamente esercitare. Tutte queste ore di lavoro non mi vengono retribuite in busta paga, ma personalmente le ritengo comprese lo stesso nello stipendio che percepisco. Se però per il bene dei teatri, della cultura e del mondo queste ore devono essere certificate, ben venga, mi si metta lo studio in orario di lavoro, ne sarò molto contenta. Anzi, ne approfitto per proporlo, giacché si deve ridiscutere il nostro contratto nazionale. Magari poi, se le ore di studio fossero calcolate come ore di lavoro, il costo delle lezioni potrebbe essere detratto dalle tasse, anziché dal mio stipendio….

Leggendo il suo articolo mi sono sentita una specie di ladra oltre che fannullona. Come, noi musicisti lavoriamo sei mesi l’anno? Come, prendiamo 3.000 euro di stipendio al mese? E allora come mai non riesco neanche a comprarmi una casa? Cosa ci faccio con tutti questi soldi che Lei è così è così sicuro che io guadagni, manco fosse Lei a compilare la mia busta paga? Ma soprattutto mi sono sentita colpevole di tutti i mali del mondo, o almeno di quelli del mondo della lirica. Ecco perché i teatri devono tagliare dei titoli: è il mio stipendio che prosciuga le casse della fondazione presso cui lavoro!

Stasera quando indosserò il mio costume da studente, nuovo nuovo, fatto interamente di pelle scamosciata, completo di stivali fatti su misura per l’occasione (unica e irripetibile) in vitello morbidissimo, penserò alle casse del teatro, prosciugate dal mio stipendio da nababbo; e quando incrocerò i miei colleghi nei loro lussuosi costumi da borghesi, di seta pura, mi verrà da domandarmi: ma sarà poi vero che è il mio stipendio a mandare in malora i teatri italiani? Scaccerò questa domanda impertinente: se lo ha scritto il signor Cappelletto sulla Stampa, cosa voglio saperne io?

La invito, signor Cappelletto, a venire a parlare con noi del Movimento Spontaneo, sorto in questo periodo gramo per la cultura e per i teatri, e perché come lavoratori non ci sentiamo tutelati e anzi, ci sentiamo in pericolo, e la invito a scrivere un nuovo articolo sull’argomento, dopo essersi meglio informato di come vanno le cose.
Grazie,

Chiara Lazzari

poi gli ha scritto caterina:
Gentile Signor Cappelletto,
ho avuto la sua mail dalla Stampa di Torino.
Sono una dipendente del Teatro Regio di Torino, sono anche parte di un nuovo movimento che sta nascendo tra i lavoratori delle fondazioni lirico sinfoniche italiane. Il movimento è nato proprio per sensibilizzare il pubblico sulle questioni di cui lei tratta nell'articolo uscito sulla Stampa di oggi. Sono sicura che lei, cosi come La Stampa, siete interessati a riportare in maniera distaccata e "super partes" anche i dati che potrebbero fornirle i dipendenti di un teatro, non solo quello che a tal proposito asseriscono il M°Desderi ed il Dott. Vergnano. Mi chiedevo anche come mai quando si riportano le cifre dei compensi non si chiarisca mai se si parla di lordo o netto..
Grande è la differenza.
Se le cifre riportate sono lorde, questo dovrebbe essere indicato chiaramente in maniera che il lettore possa concordare sul fatto che uno stipendio LORDO di 3.000 euro non si puo affatto ritenere altro che uno stipendio "medio" (il mio netto mensile per esempio oscilla tra i 1400 e i 1600 euro). Se invece fossero cifre nette, si riferiscono senz'altro a qualche carica dirigenziale, e non , come indicato, ad un orchestrale di fila, a tal scopo possiamo in qualunque momento produrre copia dei nostri cud e modelli 730.

Per quanto riguarda lo stipendio degli amministrativi, trovo che generiche indicazioni come "doppio" e "alcuni casi" non vadano certo a favore nè della verità nè della trasparenza giornalistica: anche qui si producano cifre documentate e confronti alla pari.
Sono ben conscia che le suddette frasi consistano in dichiarazioni riportate e non in dati da lei estrapolati, e proprio per questo le chiedo,nel nome della buona fede e chiarezza giornalistica di dar spazio anche alle voci, cifre e buste paga alla mano, dei lavoratori. Lo stesso medesimo discorso vale per la faccenda degli orari e dei mesi di lavoro. Probabilmente potrebbe essere accaduto sporadicamente che una prima parte orchestrale abbia, per qualche motivo, lavorato solo 6 mesi o che qualche orchestrale di fila abbia guadagnato in un determinato mese, per via di qualche conguaglio o altre occasioni speciali, 3000 euro, ma lei concorderà con me che riportarlo come realtà quotidiana e regola fissa equivale a fare quella che si nomina spiritosamente la "media del pollo".
Purtroppo gia da molti mesi le informazioni non veritiere sul nostro lavoro danneggiano l'immagine di una massa di lavoratori che dopo anni e anni di studio altamente specializzato, e di servizio artisticamente qualificato in un ente lirico, si vedono accusati di essere i responsabili dei disavanzi di bilancio de
i teatri e si vedono vessati da tagli e decreti legge che minacciano di metterli su una strada. A tal proposito mi permetto di allegarle un documento che abbiamo recentemente diffuso a proposito delle leggi che cercano il risparmio sulla pelle dei dipendenti come il Decreto Asciutti, è stato già pubblicato su Amadeus Online e verrà reso noto anche da altre testate.
Sarebbe molto interessante che lei e La Stampa voleste dare, in un successivo articolo, spazio agli argomenti dei dipendenti che, anche se non hanno nomi famosi, le assicuro, possono fornire informazioni altrettanto interessanti e molto piu imparziali. Quest'eventualità dimostrerebbe la vera natura trasparente ed equidistante della testata e di chi vi scrive.
Ringraziandola anticipatamente le porgo i miei più
Cordiali Saluti
Caterina Borruso, coro del Teatro Regio di Torino

e infine pierina:
Egregio Signor Cappelletto,

ho sempre letto con piacere e attenzione i suoi articoli ma, in merito a quello apparso ieri sulla Stampa, devo comunicarle che ha scritto cose molto inesatte riguardo agli stipendi e al lavoro dei dipendenti dei Teatri, e credo che un giornalista della sua importanza dovrebbe verificare sempre con attenzione le informazioni che riceve.
Sono una corista del teatro Regio di Torino, il mio stipendio è di 1600 euro netti al mese e ho studiato 10 anni per arrivare a vincere il concorso per entrare nel coro.
La mia giornata tipo è quella di oggi: mi alzo alle 7, accompagno mio figlio a scuola, torno a casa e faccio i lavori che fanno tutte le casalinghe, poi studio canto, un'ora di vocalizzi e un'altra ora di repertorio. Vado a prendere mio figlio a scuola, pranzo con lui e lo porto dalla nonna. Dalle 16 alle 18 abbiamo le prove di sala in Teatro, ovvero studiamo le prossime opere (Carmen e Bohème) guidati dal nostro maestro del co
ro; finita la prova faccio una merenda (alle 18) e poi mi preparo per la recita. La preparazione per la recita va fatta di norma un'ora prima dello spettacolo, talvolta richiede anche più tempo. Si passa dall'acconciatura al trucco, poi la vestizione. Alle 20 comincia la recita, fino alle 23. Mi strucco e mi svesto e verso le 24 sono a casa.
Io faccio un lavoro che mi piace, e questa non è una colpa. Guadagno in modo appena sufficiente per mantenere me e mio figlio, per pagarmi le lezioni di canto e un mutuo su una casa, e anche questa non è una colpa. La colpa è che milioni di italiani non arrivano alla fine del mese e prendono stipendi insufficienti non solo in relazione alla qualifica del loro lavoro (si pensi agli insegnanti), ma anche in relazione al costo della vita.
Mi sa dire di chi è la colpa?
La prossima volta che le viene in mente di colpire un settore vada a vedere gli stipendi di coloro che guadagnano davvero molto e verifichi in quale percentuale pagano le tasse.
Un lavoro come il nostro ha una grande specializzazione e il risultato è la qualità, non la quantità, ed in ogni caso può apprendere (da fonti attendibili, magari!) che il nostro monte ore non è così ridicolo come lei lo ha descritto.
Vede, per leggere un suo articolo bastano 5 minuti, ma lei per scriverlo può impiegare delle ore, può aver bisogno di adoperarsi in ricerche che richiedono molto tempo. Cos'è che lei definisce lavoro? L'articolo in sé o il tempo che le ha richiesto la stesura? Spero possa darmi delle risposte.

Sarebbe molto facile che io le indicassi dove avvengono degli sprechi inauditi, ma non ho bisogno di svelare le pecche della realtà di cui faccio parte per difendere il mio mestiere.
Lo sa perché si vogliono colpire le Fondazioni lirico sinfoniche? Io non lo so, ma mi sono informata e ho scoperto che i fondi destinati alla cultura non incidono così pesantemente sullo Stato come si vuol far credere, anzi. La cultura produce benessere, sia morale che economico, e questo non lo dico io, lo sostiene una ricerca tecnica condotta da professori di economia sul volume d'affari generato dalle imprese legate al turismo e allo spettacolo.
In ogni caso non dovrei cercare di dimostrare che la cultura rende, anche se credo che molte persone debbano saperlo. Alla sanità chiediamo di funzionare come un'industria? E all'istruzione? Forse bisogna ragionare sul fatto che la cultura è importante quanto la sanità e l'istruzione.
L'opera lirica va difesa alla stregua di qualsiasi opera d'arte.

Pierina Trivero
ieri, poi, è uscito un altro grande ed analogo articolo su Il Giornale, a firma Pier Francesco Borgia, che riporta le stesse fantasiose tabelle riguardanti i compensi ed è accompagnato da un'intervista ad un grande pensatore, nientemeno che l'opinionista Zecchi. ed eccovelo qua: cliccate sull'immagine per visualizzare la pagina del giornale in formato pdf.


17 gennaio 2006

prima pagina di amadeus online

11 gennaio 2006

tregua sociale

ANSA.it - Niente scioperi durante Torino 2006
Tregua sociale dal 31 gennaio al 23 marzo, accordo a P.Chigi (ANSA) - ROMA, 11 GEN - Niente scioperi durante le Olimpiadi invernali di Torino 2006. Governo e parti sociali hanno sottoscritto a P.Chigi un protocollo d'intesa. Il protocollo prevede una tregua sociale dal 31 gennaio al 23 marzo nei trasporti e nei servizi. Obiettivo: garantire il regolare svolgimento dei giochi. L'unico giorno in questo periodo in cui sara' possibile scioperare sara' il 4 marzo. I giochi olimpici si svolgeranno dal 10 al 26 febbraio, quelli paraolimpici tra il 10 e il 19 marzo.


(perché proprio il 4 marzo?)

09 gennaio 2006

a volte ritornano

avete presente il famigerato emendamento Carlucci, che non passò nella Finanziaria? ora viene discusso tal quale come emendamento Asciutti alla legge 3684. uguale proprio. e uguale proprio (ma con la parola Asciutti al posto della parola Carlucci) sta arrivando a deputati e senatori il documento che già mandammo allora. non abbiamo più il camper, ma non siamo mica morte :)

(a quanto pare, fra l'altro, anche il camper ritornerà. tremate, tremate).


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